venerdì 3 novembre 2023

L'ITALIA E...IL MALTEMPO

  

Il Seveso ancora allaga Milano! La Scienza ha fatto progressi! E la Politica indugia!
 
       Valerio  Mignone 
 
Mercoledì 1 novembre ultimo scorso, il Corriere della Sera ha pubblicato i suoi servizi “Piogge e vento record al Nord Il Seveso allaga Milano”, “Accuse incrociate tra Comune di Milano e Regione Lombardia. In questi servizi la prima Regione d’Italia, e la sua prima Città si accusano reciprocamente! Il cittadino, ignaro, s’interroga su tali conflitti istituzionali, non senza stupore e indignazione!

Già il 31 ottobre 1976, Walter Tobagi titolava sul Corriere della Sera <<Il maltempo infierisce su una zona mal difesa>>, e si riferiva alla esondazione del Seveso, che aveva allagato anche il tratto di strada che porta all’ospedale di “Niguarda-Cà granda”.

Già nel lontano 1969, il tratto di strada tra il Centro di Milano e l’ospedale di “Niguarda-Cà granda” veniva allagato per la pioggia persistente, con penetrazione dell’acqua nelle cantine, nei garage, e nei seminterrati. Son passati, da allora, ben 59 anni! E questi disagi persistono!

Oggi, pur con qualche capitombolo istituzionale, nei comunicati Stampa tra Comune di Milano e Regione Lombardia, appaiono chiare le reciproche accuse sulla inadeguatezza dei progetti tecnici per far fronte al surplus di piogge, ed all’allagamento delle vie cittadine.

E’ cambiato il mondo! E’ cambiato il clima con il surriscaldamento del globo terrestre, è cambiato il giornalismo, come si può osservare sulla prima pagina del Corriere della Sera, interamente occupata dallo scritto di Walter Tobagi, senza fotografie o immagini! Ma la “Politica” lombarda indugia ancora su tombini di scarico e strettoie, mettendo a rischio la incolumità degli abitanti, pur essendo elaborati quei progetti su basi moderne della Scienza e della Tecnica.

Intanto, incredibile a dirsi, persino la “Politica” della Lega oggi è cambiata, con il “lumbard” Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, che si attiva perché venga costruito il ponte sullo Stretto di Messina per poter più facilmente collegare i Paesi costieri del Mare Mediterraneo con il Nord dell’Italia e dell’Europa, tramite mezzi di comunicazione veloci, diversi dagli anacronistici, ingombranti “Traghetti”.

 

D’altronde, nel 1941, durante la Seconda guerra mondiale, sull’isola di Ventotene, i tre confinati politici Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, Ernesto Rossi, scrivevano il “Manifesto di Ventotene”, in cui auspicavano quell’Unione dei Paesi europei, che, nel 1992, fu ratificata come Unione Europea. Gli obiettivi erano: la fine delle guerre tra i popoli europei, e la equiparazione dei redditi da lavoro.

E, purtroppo, a distanza di 82 anni, in Italia, oggi, si stenta a raggiungere un equilibrio economico tra Nord e Sud. Le cause sono molteplici: il Mediterraneo ha perduto la centralità socioeconomica che aveva avuto in passato, il Sud ha una popolazione numerosa, ed il suo tasso di occupazione è di una persona su quattro.       

L’ultimo strumento di sviluppo del Sud Italia è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), intesa quest’ultima come capacità del Sud di superare le proprie difficoltà. Le relative risorse finanziarie dovranno essere spese nei prossimi tre anni, non oltre la prima metà del 2026, in modo aggiuntivo, e non sostitutivo.

E’ opportuno ricordare che il PNRR è stato concepito come strumento di progresso del Sud sulla base di tre parametri: popolazione, tasso di disoccupazione, e reddito pro capite. E gli obiettivi di progresso, si ribadisce, si devono raggiungere entro 2026.

Purtroppo, già ci sono tagli a questi finanziamenti, per il mancato rispetto delle norme che stabiliscono obiettivi ben precisi, e non trasformabili. E c’è il rischio che il divario Nord Sud si accentui, e non si annulli, come temono alcuni meridionalisti, che, dopo la lettura di un documento della Università “Bocconi”, hanno rilevato la mancanza di progetti al Sud.

Oggi, l’Europa intera ha interesse che nel Mezzogiorno d’Italia ci sia una piattaforma logistica che funga da attrazione di merci dal bacino Mediterraneo: è la Zona Economica Speciale unica (ZES). Ed è l’ultima occasione per un finanziamento di grossa portata. Ma già si esprimono perplessità sulla sua gestione, che si vogliono collocare in uffici tecnici presso il Governo nazionale in carica.

E in Basilicata cosa accade? Qui le strade provinciali sono dissestate, e pericolose da percorrere. Le frane invadono di fango e terra le corsie, causandone la lunga chiusura al traffico, come è avvenuto a Castrocucco di Maratea con danni finanziari, e d’immagine, per una località turistica d’eccellenza, che porta notorietà a tutta la Regione Basilicata.

La Scienza e la Tecnica hanno fatto progressi inimmaginabili nell’affrontare problemi geologici legati al clima; ma indugi, e inghippi burocratici, bloccano il progresso dei Territori.

 

 

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