- Da https://laboratoriodonnae.wordpress.com -
“…il problema più grande, urgente, è informare l’opinione pubblica, prima di tutto le donne che ignorano quanto sta accadendo. Occorre sfondare il muro dell’indifferenza e la presunzione di chi pensa: a me non succede o non succederà. Non è così, ciò che subisce una donna – e una madre – riguarda tutte. La prepotenza maschile, in casa e nelle istituzioni, è un sistema di moderazione e controllo di tutte le donne.
Per questo il primo passo necessario è stato spiegare nei dettagli, cos’è, nei fatti, la legge 54/2006. La violenza feroce che colpisce le donne ed i loro figli su tutti i piani. Imponendo un modello di famiglia patriarcale, che cancella di fatto le conquiste fatte in nome di una parità che non chiediamo. Noi rivendichiamo la differenza del generare e il primato della relazione materna.” ( dalla restituzione di Paola Pieri)
Per questo abbiamo pensato di andare in piazza, o partecipare ai cortei per il 25 novembre, con una lettera rivolta in modo particolare alle donne. Una lettera scritta da una giovane donna che abbiamo incontrato e che ci ha raccontato cosa ha subito, e ancora subisce, per aver denunciato, dopo anni di violenze e dopo essere diventata madre, il suo compagno. Non è una storia isolata, la sua, sono tante le donne che in questi anni si sono rivolte a noi e che abbiamo sostenuto. Questo è stato possibile anche perché tante tra noi hanno vissuto (o ancora vivono) sulla loro pelle la scellerata applicazione della legge 54/2006. Ma non basta, occorre contrastare un’opinione pubblica nutrita da media e da poteri maschilisti e di parte. Occorre smontare con la verità dei fatti quelle frasi che abbiamo già sentito in anni di lotta contro ogni forma di abuso sulle donne: se l’è cercata o a me non succede.
25 Novembre 2023, lettera aperta, da donna a donna
Questa è una storia vera, la mia storia. Trentenne, dopo anni di violenze da parte del mio ex compagno, e, dopo essere diventata madre, ho deciso di prendere in mano la mia vita per tutelare me, ma soprattutto mia figlia. L’amore e il senso di protezione che ho per lei mi hanno dato il coraggio di prendere una decisione che per anni non ero riuscita a prendere.
Mi sono rivolta alla legge pensando che ci fossero misure legislative tali da essere tutelata, ma ahimè mi sono accorta che non era così. Dopo la denuncia, e le prime fasi iniziali di protezione che credevo perdurassero nel tempo, la situazione ha preso velocemente una piega diversa. La tutela della minore veniva considerata per la legge nel senso di mantenere rapporti con il padre, a ogni costo, nonostante le violenze e gli abusi a cui aveva assistito.
Mi sono scontrata con gli organi istituzionali e non pensavo che avremmo dovuto proteggerci anche da loro. Dopo la denuncia automaticamente è stata mandata la segnalazione alla procura dei minorenni per cui anche io dovevo essere ‘attenzionata’ dalla legge in quanto vittima e quindi incapace genitorialmente proprio perché avevo subito quelle violenze rimandando il caso alla competenza del tribunale dei minorenni.
Mi sono ritrovata per le mani il provvedimento di un PM, quasi come se fosse un modello prestampato con opzioni da spuntare. 1) Affidamento della minore ai servizi sociali; 2) percorso alla genitorialità per entrambi; 3) valutazione delle capacità genitoriali; 4) sospensione o decadenza per il padre e valutazione della mia sospensione decadenza; 5) incontri della minore con il padre ed educatore domiciliare per la minore e la sua collocazione provvisoriamente con me.
Di tutte queste disposizioni il tribunale aveva accantonato solo la sospensione e decadenza del padre e portato avanti tutte le altre raccomandazioni del PM, mentre io, con il senno di poi, posso dire che subivo un vero e proprio PROCESSO. Processo in cui mi sono sentita IO imputata piuttosto che vittima e dove la SUA difesa ha avuto la meglio grazie agli esperti in maltrattamenti
Mentre il penale si svolgeva, nei miei momenti liberi dal lavoro, sono stata sottoposta da un educatore domiciliare a numerosi test stressanti sulla mia personalità. In contemporanea avvenivano incontri padre e figlia senza protezione alcuna (se non la presenza di un educatore), con il padre che aveva una misura cautelare in corso verso entrambe. Nel tribunale dei minorenni mi ripetevano che della violenza non volevano sapere nulla, non contava la violenza a cui la minore aveva assistito, non contava una condanna per violenza! Negli anni hanno mantenuto sempre questa posizione.
Della violenza non interessava niente a nessuno, invece della genitorialità del padre si, anche a discapito della mia. Tutto ciò è reso possibile da una legge - la 54/2006 – che riconosce la bigenitorialità sempre e comunque.
Sono stati anni bui, vissuti nel terrore e nella solitudine, sotto le minacce delle istituzioni, finché non ho conosciuto tante meravigliose persone e tante madri come me che mi hanno dato la forza di andare avanti. Confrontandomi con madri da tutte le parti di Italia e confrontando i nostri atti giudiziari ho capito che la mia vicenda non era unica e eccezionale ma risponde ad un disegno più ampio e infernale che, da Nord a Sud, intende riportare indietro l’orologio della storia per le donne. Cancellare anni di lotte delle donne per ripristinare un ordine familiare in cui il Padre, viene prima a discapito del legame materno.
Lettera firmata a cura di Laboratorio Donnae, Maternamente, Movimentiamoci, Resistenza Femminista, IQD-InQuantoDonna, Udi Pesaro
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