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Di Lidia Lavecchia il

Lidia Lavecchia
Il dibattito sul provvedimento del Governo Meloni è tornato alla ribalta nelle ultime ore, dopo la visita di ieri del Ministro Leghista Calderoli a Potenza, scaldando subito gli animi di favorevoli e contrari. Ma sono ancora tante le incognite ancora legate a questo argomento.
Si scrive Autonomia differenziata, si legge secessione dei diritti. Ed è la Basilicata la regione che rischia di più. Vediamo perché.
Se questa misura verrà attuata, 23 materie, tra cui i diritti fondamentali come l’istruzione e l’assistenza sanitaria, verranno gestite secondo le aree in cui vivono i cittadini. Ciò significa che il concetto di Stato-Nazione scomparirà. I diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione e il diritto di cittadinanza sono legati al territorio. Le entrate fiscali legate al trasferimento dello Stato alle regioni locali non dipenderanno più da standard di proporzionalità e c’è il rischio che ci siano cittadini di prima classe e cittadini di seconda classe. Il residuo fiscale è uno strumento abilmente costruito per consentire alle regioni settentrionali di giustificare le richieste di risorse legate alla crisi. Regioni come la Lombardia e il Veneto credono di poter risolvere i propri problemi economici prelevando risorse dal Sud, esacerbando così il divario nord-sud, già profondamente solcato da secoli di divisioni e ingiustizie.
La cosa più preoccupante, però, è che i bisogni standard sono definiti da meccanismi legati alle entrate fiscali statali, e se manca il peso politico del Sud, il Paese rischia di dividersi in due, con la parte più forte che ricorre al sacrificio della parte più debole. Pertanto, pagare le tasse in via posticipata è una strategia che può funzionare a breve termine, ma non a lungo termine. Almeno l’80% dello sviluppo del Nord è dovuto alla domanda proveniente indirettamente dal Sud. Come non capire, quindi, che il principio di autonomia differenziata riflette una visione regressiva che divide il Paese, i cui effetti sono dannosi per la Basilicata? È questo il piano che vuole il governo? Chi se ne assume la responsabilità, a discapito delle genti lucane, per un provvedimento che rischia di ripercuotersi per decenni sulle generazioni future? Con l’autonomia differenziata, rischiamo di entrare in una forma di regionalismo estremo che distrugge l’unità nazionale trasformando le regioni in tanti piccoli feudi. L’unico risultato è quello di rafforzare il potere esecutivo dei governi locali.
La Basilicata è più a rischio. Pensiamo alle cure mediche. Anche se finora la Basilicata ha ricevuto trasferimenti per 1,04 miliardi di euro per spese sanitarie in base ai principi della tassazione e del PIL, le differenze nelle capacità regionali hanno fatto sì che i finanziamenti della Basilicata siano stati ridotti di milioni di euro. Abbiamo già una situazione tragicamente complessa nei nostri ospedali. Allora sfatiamo un altro malinteso: la spesa pubblica pro capite per servizi, sanità, istruzione e trasporti è significativamente più bassa nel Sud. Forse i lucani non hanno diritto alla stessa spesa pro capite dei nordici? Ecco perché abbiamo bisogno di un piano nazionale di investimenti per applicare questa tecnologia. L’articolo 119 della legge federale 42 sui costi standard conclude che i servizi a Potenza devono avere gli stessi costi di Milano. La risposta è allineare le regioni del Sud attraverso una visione comune e accordi di investimento comuni. È una sfida, non un’autonomia della disuguaglianza, ma un piano malvagio che deve essere contrastato a tutti i costi.
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