Il
“Porto” di Maratea motore d’Arte Cultura ed Economia
Valerio Mignone*
Il
”Porto” è una contrada di Maratea, sbocco sulla costa tirrenica della
Basilicata, lunga ben trentaquattro chilometri, tra spiagge, insenature, e
grotte, con o senza stalattiti.
Il
suo toponimo è motivato dall’essere stato l’approdo sicuro per le piccole barche,
a remi, dei pescatori locali, veri e propri contadini del mare, a caccia di
pesce da vendere nel Lagonegrese e dintorni.
E’
di questi giorni la notizia secondo cui la Società nazionale di salvamento, in
collaborazione con il Gruppo di Idraulica marittima dell’Università della
Basilicata, ha condotto uno studio sull’indice di sicurezza della balneazione
del litorale tirrenico lucano tra Fiumicello e Castrocucco, caratterizzato da
costoni rocciosi inframmezzati da cale e spiagge, con 19 aree di balneazione.
Oggi,
il “Porto”, delimitato tra la Macchia Mediterranea del Monte San Biagio e la
diga foranea, è diventato sede di ormeggio di piccole e medie imbarcazioni, i
cui proprietari provengono da diverse regioni d’Italia, ed anche da Tortora
Marina e Praia a Mare, prive di insenature adeguate. E con ciò, il Porto è diventato
il motore dell’economia di Maratea. Tra le piante di questo Monte San Biagio,
le laboriose donne di Maratea, le “libanare”, raccoglievano le fibre vegetali
da intrecciare per le corde da legare tra barche ed ancore, ed assicurarne l’ormeggio
lungo i pontili galleggianti.
Al
“Porto”, sono nati ristoranti “Grand Gourmet”, pizzerie, bar, gelaterie, boutiques di alta moda, posti di
vigilanza, che danno lavoro a decine di persone.