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Di Carmine Marotta il
Il carsismo superficiale di oltre 100 doline
Definito non a caso “Gruviera della Basilicata” da uno dei padri della speleologia lucana, Filippo Marotta, é sempre stato all’attenzione della popolazione locale per “motivi geologici”. Nella credenza popolare, per la sua conformazione superficiale, molti lo hanno considerato un vecchio vulcano spento. Erano i pastori che, portando le greggi verso pascoli d’altura, in estate, avevano l’opportunità di vedere ed attraversare le doline, forme superficiali create dal fenomeno carsico, che ricoprono la cima del Coccovello. Per la loro forma a bacinella ed a imbuto e per diametri che spesso superano anche i cento metri,venivano scambiati per vecchi coni vulcanici ormai tappati. Un meticoloso lavoro degli Speleologi del GGS Valle del Noce, durato alcuni anni, nelle scuole del lagonegrese, con il supporto di centinaia di diapositive che spiegavano il fenomeno carsico locale ha definitivamente tolto ogni dubbio a chi viveva nel terrore di un “risveglio del Coccovello”.
La realtà del Monte Coccovello è un’altra, molto più importante per i vari aspetti non solo scientifici che la montagna ricopre. Viene chiamata Gruviera della Basilicata per il fortissimo fenomeno carsico superficiale e profondo che da milioni di anni sta corrodendo e modificando le rocce carbonatiche che compongono la sua struttura. Da un punto di vista geologico il monte è un libro aperto nelle ere geologiche: il pacchetto degli strati rocciosi che compongono la Costa Pedali, a Sud, formano una pila di oltre mille metri: risalendoli dal basso verso l’alto si compie una “passeggiata nelle ere geologiche”.
Costa Pedali, un versante amato dai Geologi e dai paleontologi che studiano i fossili per datare l’età delle rocce che li inglobano. La massiccia carsificazione del Monte sia in superficie che in profondità ha creato all’interno del monte stesso un probabile immenso deposito di acqua. Dalle sorgenti superficiali, ubicate sul versante Nord del monte, sgorga tantissima acqua ma sono le sorgenti sottomarine, lungo la costa Marateota a destare la maggiore attenzione. Alcuni dati per rendere l’idea: nell’area del Monte Coccovello sono state censite oltre 120 doline, esistono molte grotte che fungono da inghiottitoio attraverso i quali l’acqua si immette all’interno delle gallerie sotterranee ma anche alcune grotte che fungono da risorgenza, punto dove l’acqua dopo il percorso sotterraneo fuoriesce dalla montagna. Il gradiente carsico, ovvero l’erosione delle rocce, è molto accentuato per cui è quasi certa la presenza di milioni di metri cubi di acqua nei sotterranei di questo monte che, per il suo carsismo superficiale e profondo, tutta l’Italia speleologica invidia alla Basilicata. Il monte è tuttora oggetto di studi geomorfologici e speleologici che durano da decenni e numerose colorazioni delle acque sono state fatte per verificare i passaggi sotterranei dell’acqua che dall’Inghiottitoio del Patricello (Rivello) raggiunge la sorgente sottomarina Marizza a Maratea a pochi metri dalla Grotta del Dragone, ramo intermittente, di troppo pieno, del bacino idrologico sotterraneo. L’acqua passa e fuoriesce a Maratea a decine di chilometri di distanza.
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Foto allegate:
- Costa Pedali (foto 1 – 2 ) – Il lato sud del Monte Coccovello, amato dai geologi per la possibilità che si ha di percorrere a ritroso milioni di anni nelle ere geologiche.
- Coccovello 3 – Il monte Coccovello visto da Lauria. Sulla sinistra la Costa Pedali (a sud) a destra il declivio molto più dolce del Monte verso la valle a Nord
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