L’artistico sito di Biagio Calderano (www.calderano.it) consente di accedere anche a numerosi interventi di Gian Carlo Marchesini, da tempo illustre ospite estivo di Maratea, in una raccolta dal titolo “Vacanze al sud”, nella quale è facile cogliere il suo amore per questo angolo di Basilicata. Alcuni suoi scritti, ispirati dalla bellezza dei luoghi, spingono ad un collegamento con il ricco e mirabile fotoalbum presente nel sito. La mia attenzione è stata attratta da “Vacanze 2”, breve, recente intervento del Marchesini, in vacanza in periodo estivo, che così esordisce: “Si passeggia per il centro storico di Maratea e si incontrano ripetute scritte che inneggiano alla “Citta’ delle 44 chiese”. La passeggiata prosegue, respirando aria mistica, con sintetica descrizione di un luogo ormai pervaso da una esteriore, ancestrale ed ingombrante vita religiosa, appena sopita la sera a Piazza Mercato “davanti ai lazzi triti e ritriti di Pulcinella” che, mi permetto di aggiungere, sono pur sempre preferibili alle serate con Alba Parietti o Marina Ripa di Meana, chiamate, ormai più che mature, a respirare, ma non si sa sino a che punto, l’aria mistica di Maratea. Ma vengo al mio pensiero, dopo la lettura e la condivisione di quanto intelligentemente osservato dall’ospite-passeggiatore che, in qualche modo, ha poi cambiato aria “in quel di Brefaro in una comune anarchica….” e nella Merenderia di Mastro Nicolino tra formaggi, salumi ed una bottiglia di Aglianico.
Gian Carlo Marchesini descrive Maratea d’estate e certamente
non ignora l’appesantimento dell’autunno-inverno per quanti qui rimangono
stabilmente, custodi delle “44 chiese”, sovrastate tutte dalla statua del
Cristo, a sua volta sovrastata dalla croce sulla sommità del monte Crivo, in un
contesto che vede il centro storico per due mesi, tra fine novembre e fine
gennaio, privo anche di un raggio di sole per scelta della natura, che pure
poteva essere modificata dall’uomo con specchi posti sulla montagna Cerrita ed
orientati verso l’antico borgo (cosa che altro piccolo Comune del nord ha da
tempo fatto, portando il sole ai suoi abitanti e mettendosi, in qualche modo ma
pur con le dovute distanze, sulle orme di Prometeo che regalò il fuoco agli
uomini, sfidando Zeus e pagando per questo un duro prezzo).
“Ma noi preferiamo chiedere protezione genuflessi davanti
alla statua del Cristo…”, scrive il Marchesini, ed ha ragione perché coglie
l’essenza di una vita che sembra non andare oltre le 44 chiese e la croce del
Crivo, perdendo così di vista l’infinito più in alto, comune a tutti gli
uomini, senza tempo né religione, posto sulla nostra testa che difficilmente si
alza a scrutarlo. Appare davvero pertinente al nostro caso la frase del
filosofo di Treviri: ”Ogni cosa che glorifica Dio nega l’uomo” e ciò non significa
che non si debba glorificare Dio ma c’è modo e modo di farlo, come ci ammonisce
sempre più frequentemente Papa Francesco, che ci riporta al poverello di Assisi
ed al suo Cantico delle Creature. C’è soprattutto da non diventare bigotti in
una Maratea che ostenta una religiosità eccessiva nelle pratiche più che nello
spirito, tanto da non accorgersi quasi più di aver assunto con il tempo essa
stessa le sembianze di una chiesa a cielo aperto, dove, tra l’altro,
“dappertutto, in piazze, grotte e vicoli, occhieggia la statua di Padre Pio”,
in cui ha avuto modo di imbattersi, chissà quante volte, l’illustre
passeggiatore estivo durante la sua vacanza.
A mio parere, ben vengano, o meglio, bene stanno le 44
chiese e tutto il resto là dove stanno, a testimonianza di una religiosità
passata e presente, purchè poi non si esageri in evidente modo bigotto e purchè
si vada oltre senza paura, privilegiando sempre l’uomo e lo spirito, ansiosi di
azzurro e di infinito.
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