venerdì 15 maggio 2020

LA PANDEMIA NON FERMA LA PENA DI MORTE NEGLI STATI UNITI

NO  ALLA  PENA  DI  MORTE  NEL  MONDO
-DA  "IL  DUBBIO" - Esteri-  del 15 maggio 2020

"Non vedo dove sia il problema, tutto verrà eseguito seguendo le regole del distanziamento e solidi protocolli di sicurezza, la finirei qui».
Nelle raggelanti parole di Karen Pojmann, portavoce del Dipartimento carceri del Missouri «tutto» significa l’esecuzione di Walter Barton prevista per martedì prossimo tramite iniezione letale, la prima negli Stati Uniti dallo scoppio della pandemia.
Gli avvocati di Barton hanno tentato, senza successo, di ottenere un rinvio dell’esecuzione sostenendo che sia incompatibile con le regole della sicurezza in quanto implica l’assembramento di diverse persone ( il condannato, il boia e gli assistenti, i consulenti spirituali, le guardie penitenziarie, i parenti della vittima e quelli del giustiziato).

Non c’è stato nulla da fare: lo scorso aprile la Corte suprema ha rifiutato la richiesta di Barton, argomentando che il governatore repubblicano Mike Persons, fervente sostenitore della pena di morte, non ha mai interrotto le esecuzioni per l’emergenza covid- 19. Il Missouri è l’unico Stato a non averlo fatto. Il governatore dell’Ohio Mike DeWine ha infatti spostato le esecuzioni previste per luglio e agosto al 2022. La Corte suprema del Tennessee ha rimandato un’esecuzione programmata a giugno al 2021. Stessa linea in Geogia, lo Stato in cui il lasso di tempo tra una condanna e un’esecuzione è più breve, dove il procuratore generale Chris Carr ha dichiarato che «tutti gli sforzi delle autorità devono concentrarsi per fronteggiare l’allarme sanitario».
Persino il Texas, noto per la sua antica passione per il boia, le ha sospese fino a che la pandemia non sarà, se non debellata almeno contenuta. E stata la stessa alta Corte texana a stabilire che «salvare le vite degli americani dal Covid- 19 richiede ingenti risorse ed è molto più urgente e importante che giustiziare un condannato».
Ma questo non vale per il Missouri, ancorato alla secolare tradizione per la quale il cruento corso delle esecuzioni non deve mai fermarsi, non importa cosa accada all’esterno. Un tempo negli Usa facevano tutti così. Tra il 1918 e il 1920, quando l’epidemia di influenza Spagnola gettò l’America nel panico ci furono quasi 250 persone giustiziate, una metà per impiccagione, l’altra a friggere sulla sedia elettrica. Nel 1957 l’influenza H2N2 uccise circa 120mila persone oltreoceano e 70 persone vennero uccise dal castigo di Stato, di cui 15 nelle terribili camere a gas che all’epoca erano giunte ad arricchire e adammodernare il macabro armamentario del boia.
Barton, 64 anni, è stato condannato per l’omicidio dell’ 80enne Gladys Kuehler, avvenuto nel 1991. L’anziana fu picchiata, aggredita sessualmente e pugnalata più di 50 volte nella città di Ozark, vicino a Springfield. Un crimine efferato che secondo i suoi difensori Barton non ha mai commesso. In questi trent’anni si è infatti sempre dichiarato innocente e ci sono voluti cinque processi, di cui due di appello perché il jury non era mai unanime, per arrivare alla condanna definitiva. Le tracce di sangue trovate sul luogo del delitto sono compatibili con quelle di Barton, ma per i suoi legali non possono costituire una prova.
Inoltre l’emergenza Covid ha limitato in modo grave il lavoro dei difensori che si occupano di far sospendere la pena a un detenuto nel braccio della morte.
L’avvocato, Frederick Duchardt Jr. dallo scorso marzo non ha potuto ascoltare nuovi testimoni, riesaminare le prove contestate e presentare qualsiasi nuovo reclamo legale, visto che i tribunali del Missouri hanno ridotto all’osso le procedure a causa dal lockdown.
Come ha commentato amaramente Robert Dunham, direttore del Death Penalty Information Center: «Quando i tribunali non sono nemmeno in grado di gestire gli affari ordinari, non è realistico aspettarsi che saranno in grado di gestire affari straordinari».
Così, salvo colpi di scena, fra tre giorni Barton verrà ucciso con un’iniezione di veleno, ma «in tutta sicurezza», per citare la portavoce Karen Pojmann.
La prigione di Jefferson city La prigione in cui Barton sarà giustiziato ha tre stanze di osservazione separate per i testimoni: una per la famiglia della vittima, una per la famiglia dei condannati e una terza per giornalisti e altri curiosi.
Pojmann ha spiegato che ogni stanza dei testimoni sarà limitata a dieci persone, in conformità con le linee guida dello stato in materia di distanza sociale. Ha poi concluso spiegando: «Abbiamo un ampio accesso al disinfettante per le mani, alle maschere in tessuto e ad altri materiali di consumo, se necessario» . Di fronte a tanto zelo i margini di manovra per far valere i diritti del condannato sono ridotti a zero: «Il Missouri è pronto a mettere a morte un uomo innocente, questo è un caso di scuola per tutti coloro che credono che la pena di morte debba essere abolita», ha commentato Duchardt Jr. Dal 2015 Barton riceve continua assistenza psichiatrica, il suo stato mentale è pietoso mentre in prigione ha subito un ictus e le severe lesioni cerebrali lo hanno costretto a deambulare su una sedia a rotelle".

                                                    NO   ALLA   PENA   DI   MORTE

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