Nicola SAVINO*
Cos’è il “residuo fiscale”?
Nel 2017 Veneto e Lombardia svolsero un Referendum a sostegno dell’ Autonomia differenziata, basandola sul fatto che in quei Territori si versano a Roma (definita ladrona ai tempi di Bossi!) più tasse di quante lo Stato spendesse negli stessi.
Secondo i sostenitori di una tale Autonomia, con il trasferimento della gestione di scuola, trasporti e totalmente della Sanità alle Regioni, la differenza in più (appunto il “residuo fiscale”) che attualmente si versa allo Stato, dovrebbe invece essere trattenuta dalle Medesime.
La conseguenza sarebbe che, le più povere del Sud- già storicamente con minori servizi (definiti “Livelli essenziali di prestazioni o Lep, di cui alla lettera m) dell’art.117 della Costituzione”) ne sarebbero ulteriormente deprivate!
Ad evitarlo, la Carta Costituzionale, oltre la determinazione dei Lep al suddetto articolo, prescrive-al terzo comma del successivo 119- la istituzione di ” un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante”.
Secondo calcoli di esperti, per costituirlo, occorrerebbero da 170 a 190 miliardi, che, però, dato il Debito pubblico ad oltre 2.500 miliardi, non sono assolutamente prevedibili entro un ragionevole lasso di tempo.
Una soluzione, questa, che ai Territori ricchi potrebbe non solo dare una cifra maggiore del “residuo”, ma che addirittura trasferisce al privato le decisioni relative ad un servizio pubblico, scuola o sanità o trasporti o altro!
Insomma, con questo espediente, si tacita il Fisco senza pagarlo e si trasferisce al privato la decisione circa il settore o servizio da incentivare; ad esempio - vincolando la scuola ad un determinato indirizzo o insegnamento!
Tentiamo un’ ipotesi all’interno della nostra stessa Regione: gli Operatori turistici di Metaponto o di Maratea vincolano con un contributo un Istituto della loro Zona alla formazione di addetti per il loro settore; o che ugualmente faccia Stellantis per la propria fabbrica a Melfi e dintorni.
Non si programmerebbe così il destino dei giovani di quei territori ed- a contrario- di quelli delle altre Aree? E gl’imprenditori privati non soppianterebbero gli Eletti del Consiglio regionale e del Parlamento nell’assumere tali determinazioni? A cosa sarebbe servito eleggere per decidere con ragionevole confronto di opinioni? Non soltanto si sottrarrebbero al Fisco risorse da spendere nell’interesse pubblico, ma al sistema democratico il diritto-dovere d’individuarlo e di assumere decisioni di rilievo sia economico che sociale.
La faccenda è dunque più che delicata e c’è perciò- più che augurarsi- da pretendere che non si scada né in questa né in altre furbizie: a danno non soltanto del Sud, ma dell’intero Paese! ns
*già Parlamentare e Sottosegretario di Stato
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