domenica 3 dicembre 2023

IN MEMORIA DI DUCCIO GALIMBERTI

 

Cuneo, 30/04/1906 - 03/12/1944

Il 3 dicembre del 1944 morì fucilato a Centallo (Cuneo) ad opera delle Brigate Nere DUCCIO GALIMBERTI (Tancredi Galimberti detto Duccio, 38 anni)  avvocato, Antifascista, Azionista e capo partigiano delle formazioni  “Giustizia e Libertà”, Medaglia d'oro della Resistenza.



Lapide in piazza Galimberti a Cuneo

Piero Calamandrei, Lapide a ignominia

(4 dicembre 1952)

Il 4 dicembre 1952 era l’ottavo anniversario della morte di Duccio Galimberti, eroe della Resistenza, comandante partigiano prima nel Cuneese, poi del Piemonte, Medaglia d’Oro al valor militare,  Piero Calamandrei (1889-1956) avvocato fiorentino, docente univer- sitario, uno dei maggiori giuristi italiani della sua epoca, nonché tra i fondatori del Partito d’azione e “padre” della Costituzione repubblicana – colse l’occasione per scrivere     questa dura “epigrafe” in reazione alle parole di Albert Kesselring, il comandante delle forze di occupazione tedesche in Italia responsabile di aver           ordinato l’uccisione per        rappresaglia di civili italiani, dell’uso schiavistico della manodopera ebraica, della deportazione degli abitanti del ghetto a Roma e del massacro      delle Fosse Ardeatine. Reparti tedeschi a suoi ordini si macchiarono di gravissimi crimini di guerra,  tra cui due delle peggiori stragi   di   civili   della   2aG.M., quella di Sant’Anna di    Stazzema    (Lucca)  e quella di Marzabotto (BO).

Al momento della sua liberazione anticipata dal carcere, Kesselring dichiarò che quella di Marzabotto fu «una normale operazione di guerra». Poi, alle proteste levatesi dall’Italia, rispose che gli italiani «avrebbero dovuto fargli un monumento».


 

Per questi reati, un tribunale militare britannico lo aveva condannato a morte nel 1947, sentenza poi commutata nel carcere a vita e, l’anno successivo, ridotta a 21 anni di carcere. Tuttavia venne scarcerato nel 1952 per “gravi condizioni di salute”, in seguito a una martellante campagna condotta a suo favore dalla stampa tedesca (in particolare dalla rivista «Stern» e dal quotidia - no «Frankfurter Allgemeine Zeitung» nel 1951, con lo slogan “Libertà per Kesser - ling!”) e nel pieno recupero di immagine delle forze armate tedesche, riarmate nel quadro della “lotta al comunismo” e cooptate nella NATO.1

 




Cfr. il libro di Kerstin von Lingen, Kesselrings letzte Schlacht. Kriegsverbrecherprozesse, Vergangenheitspolitik und Wiederbewaffnung: Der Fall Kesselring, Schöningh, Paderborn, 2004.

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