Si trascrive qui la presentazione del libro come curata dal Dott. Antonio Arenella:
"La piccola e media editoria vive un momento di grande difficoltà, stretta nella morsa della crisi energetica, oppressa dal costo della carta. L’avvento oggi, poi, di varie forme di approvvigionamento culturale che hanno travolto il mercato raggiungendo le menti più avanguardiste, non ha certo facilitato le cose, spiazzando non poco le piccole produzioni, che rischiano, così, di rimanere schiacciate e inglobate dai grandi marchi editoriali. Ma nonostante ciò il piccolo fatturato editoriale riesce a sopravvivere con tenacia e a costituire un’àncora di salvezza per quell’enorme popolazione di autori che formano il cosiddetto “substrato”, il “sottobosco” della produzione letteraria. Esso appaga, infatti, la grande richiesta di cultura sotto le sue varie forme arrivando a coprire circa il 60% dell’offerta editoriale complessiva. E’ quindi, la piccola e media editoria, un mondo vivo, vivace (come dimostrato dal successo della Fiera del libro svoltasi a Roma in questi giorni “più libri, più liberi”, con la focalizzazione sul tema ambientale). E ricopre un ruolo indispensabile e insostituibile, quello cioè di dare voce a tutti i cosiddetti scrittori “minori”, che rappresentano le maglie di quel vasto tessuto culturale, dove poi prendono forma le espressioni più autentiche del panorama “poetico”, in senso lato, del nostro scenario nazionale. Fra questi autori “minori”, la nostra autrice, Anna Maria Basso, si iscrive, certamente, tra i maggiori.
Il libro ( “Il fragore del ricordo”, edito da Bonfirrari) si apre e si chiude su un terrazzo marateota: una sdraio rosa, gerani sul bordo del balcone. Descrizione in un prologo che esalta un’alba tirrenica. E subito l’occhio va al paesaggio di macchia mediterranea avvolto ancora nella penombra della notte, mentre il cielo comincia a tinteggiarsi di rosa. Questo iniziale scorcio di panorama, sembra un fermo immagine, uno scenario immobile, dove si percepisce appena il respiro della natura. Un breve lasso di tempo e la scena cambia, evolve. Il cielo è diventato azzurro, i gabbiani volano, la luce del mattino inonda i tetti delle case. E siamo già all’epilogo. In mezzo a questi due spazi scritti (prologo ed epilogo), in mezzo a questi vuoti di tempo, in mezzo a questi due momenti, ricordi e sogni si confondono, scivolano gli uni sugli altri in ciò che è una dilatazione del tempo, una espansione degli anni, dove le memorie ricucite, le vite vissute, le vicende che si intrecciano tra loro, con le loro zone d’ombra, con le loro debolezze, acquistano forza, vigoria dal loro stesso flusso storico, in una dimensione aspaziale e atemporale, dove le emozioni, però, vibrano libere, e vanno a toccare le corde di quell’acustico interiore che ognuno di noi custodisce dentro di sé.
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Il romanzo è scritto con una tecnica narrativa facile, semplice, immediatamente accattivante. Con un lessico ricco, educato a una narrazione senza intoppi, che denota una notevole disinvoltura comunicativa. Scorrevolezza e linearità dei dialoghi rendono la progressione narrativa leggera, eppure mai appesantita, mai superficiale o banale. Ecco perché sono pagine che si richiamano una dietro l’altra senza compulsione ma con la forza calma, determinata, ma inarrestabile, del fiume placido che scorre a mare. Si possono cogliere diverse chiavi di lettura in questo romanzo. (Romanzo, inteso secondo la definizione di Kundera, come una esplorazione della vita umana in quella trappola che è il mondo: perché si nasce senza che lo si chieda, ci si trova in un corpo che non si sceglie, e si muore contro la propria volontà. In questa gabbia l’essere umano si dimena. Ma il romanzo non indaga la realtà, ma l’esistenza, che non è ciò che è avvenuto, ma il campo delle possibilità, ciò che l’uomo può essere. Quindi il romanziere è un esploratore dell’esistenza, non dell’uomo in quanto essere storico, ma dell’uomo in quanto essere in divenire.) E la nostra autrice è una esploratrice di varie esistenze in questo romanzo, delle esistenze di vari personaggi che si intrecciano tra loro con dei fili a volte stretti, a volte più larghi; fili di un divenire intimo, emotivo, psicologico di ognuno di loro. E questi personaggi entrano in scena, in molte situazioni, dopo che l’autrice ne ha curato la preparazione, ne ha allestito i contorni per le loro azioni, i loro stati d’animo. L’autrice, cioè, li contestualizza in scenografie naturali che fanno da cornice alle trame narrative. Così il lettore si cala in questi microcosmi, ne respira l’aria, ne coglie le pulsazioni. Boccheggia alle calure descritte, che quasi avverte appiccicate sulla propria pelle, e trema ai rigori delle giornate che raffreddano, quasi in modo palpabile, quelle pagine che sembrano trasmetterne la temperatura.
La prima chiave di lettura è, quindi, la famiglia. Inesistente quella di Lara, la protagonista, con la madre assente, sempre in viaggio da qualche parte, espressione di quella tendenza degli anni degli ultimi decenni del secolo scorso a una certa disgregazione del concetto tradizionale di “famiglia”. Ma più che disgregazione era proprio una ricerca di nuove forme di vita”insieme”, finite poi, nella maggior parte dei casi, in quel che veniva definito, negli anni successivi, come “il fenomeno del riflusso del movimento.” Il padre prematuramente scomparso, appare in un ruolo relativamente marginale. Solo la nonna costituisce una figura ferma, rassicurante, con il suo carico di vita vissuta sempre all’insegna di rinunce e conquiste, tutte convergenti nella sua grande aspirazione di cercare di non tradirsi mai, fino all’oblio di se stessa. Una donna forte, la nonna, la cui narrazione viene fatta volutamente in prima persona proprio per sottolinearne la tenacia, per farne trasparire la
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determinazione. Il dipanarsi narrativo, da questa particolare angolazione “familiare”, passa poi attraverso il tentativo di amore, amaramente deluso, con Matteo, mancato compagno di avventura. Ma quest’ansia di famiglia, si concretizza, successivamente, anche se solo in parte, con Jamila, un’amica sorprendente e misteriosa, che non tradirebbe di certo il ruolo di sorella maggiore, secondo questa ottica. Infine l’approdo a una nuova famiglia, quella ricostituita oltre oceano e reimpiantata alle origini (con un compagno e un nonno- guarda caso c’è sempre la figura di un nonno, come se ci dovesse essere sempre un salto generazionale!) Nonno Gregory, oggetto di fantasiose e alla fine disilluse associazioni amorose con la nonna Adelina, e William, nuovo e solido compagno che non ci pensa due volte per lasciare il suo mondo americano e trasferirsi in Italia col suo carico di aria yankee -mettendo in risalto la differenza culturale , di filosofia di vita europea, mediterranea, latina, italiana, attaccata alle tradizioni, ai propri patrimoni (quanta fatica è costata a Lara la decisione di partire per l’America!)- rispetto all’immediatezza di scelta di William, a conferma che la cultura americana, anglosassone, è più aperta alle novità, più facile alle integrazioni.
Seconda chiave di lettura. Consapevolezza di sé, come donna.
La protagonista Lara vuole inseguire il suo sogno di affermazione, di realizzazione di sé come persona libera, autonoma. E recide, pur con qualche difficoltà, come abbiamo detto, le radici che la tengono avvinghiata a una realtà di vita piena di ruoli subalterni e stereotipi. Vuole liberarsi del peso dell’immagine di donna di periferia cucitele addosso da secoli di mentalità retrive, chiuse. Non vuole finire come la nonna che ha dovuto rinunciare con la rassegnazione fatalistica dell’accettazione “per usanza”al suo sogno di studio, di diventare medico, per intraprendere un percorso alternativo di “arte e mestieri”. “Le stelle sono illuminate perché ognuna possa ritrovare la sua!” (Aneddoto riportato nelle prime pagine del testo). E Lara va in cerca della sua stella. Non le basta il suo mondo marginale relegato in un qualsiasi Sud, fatto di stagnazione sociale e culturale. Ha bisogno di stimoli, di risposte alla sua ansia di sapere. Ha bisogno di appagare la sua coscienza che la spinge sempre “oltre”, di dare voce a una e una sola ambizione che le sgorga dal profondo: la libertà di scegliere! E insegue, così, il sogno americano dei giorni nostri. Che è quello di ricerca di paesi in cui valorizzare le proprie intelligenze, tante volte mortificate qui alle nostre latitudini.
Terza chiave di lettura: la forza del destino. Con cui a volte si combatte, si patteggia. Disegno inafferrabile che traccia e segna le vite sulle nostre volontà, sui nostri liberi movimenti di corpo e di spirito. E’ la forza del destino che spinge la nonna di Lara a
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un incontro amoroso peraltro mai avvenuto in una giornata nevosa contro un’automobile in un urto che le segnerà l’andatura con la menomazione di una zoppia per il resto della dei suoi giorni.
E’ lo stesso destino che richiama Lara in Italia per la malattia della madre. “Alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta”. (Un altro aneddoto riportato nelle prime pagine del romanzo).
Ma Lara non viaggia da sola, perché questa volta, in questo viaggio di ritorno, il destino l’ha anticipata nei suoi desideri. William è affianco a lei in una scelta di vita tanto inaspettata quanto irrinunciabile.
E siamo alle ultime pagine. Ci approdiamo da uno stato onirico e di memoria sopita. Il cielo è chiaro e terso. E’ mattino pieno sul terrazzo di Maratea, dove siamo sempre stati, da dove non ci siamo proprio mossi. E’ l’epilogo. Quando la storia, cioè, sembra finire. Quella scritta, raccontata, forse. Ma la vita, per Lara, è adesso. E’ da questo epilogo. E’ da qui che muove quella vita che il lettore deve immaginare per Lara sulla scia del narrato. E’ da qui che il lettore la completa, quella vita, sul diagramma che l’autore gli ha fornito. Il lettore deve riavvolgere rapidamente il nastro e proiettarla nel futuro, coinvolto in quella che è la ricostruzione e in quella che sarà la costruzione. Il vissuto, il raccontato, il ricordato, fa da filo conduttore con la sua forza, la sua fragilità, con il suo taciuto, il sottinteso. La memoria, il ricordo, quello che c’è stato tra il prologo e l’epilogo per Lara e quello che c’è in ognuno di noi, tra un momento e quello successivo, tra un sogno e un attimo di vita, fa rumore, fa fragore dentro ognuno di noi, laddove, però, nessuno lo può sentire.
A queste chiavi di lettura, al loro intrecciarsi, l’autrice riconosce lo stimolo al suo motore di scrittura, arricchite da altre fonti di ispirazione, tutte tradotte e concretizzate in una e più vicende che hanno lanciato un grido di presenza, un grido di memoria al nostro essere dentro le cose".
Antonio Arenella
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