lunedì 18 dicembre 2023

MASCHILISMO E PATRIARCATO NEL RACCONTO DI AGNESE BELARDI

 

“A MUSO DURO” a difesa delle donne

Valerio Mignone

 

La densa bibliografia su Agnese Belardi, docente di Lettere negli Istituti Scolastici Superiori, spazia tra narrativa, poesia, e saggistica. Ad essa si aggiunge la sua nuova opera, dal titolo “A MUSO DURO”.

E’ un libro giustamente “Femminista”, dedicato a “Tutte le donne…affinché imparino a volersi bene…senza farsi la guerra tra loro”. Ne è suggerita la lettura anche nella nostra cara Italia, ove vige, in teoria, la parità dei diritti tra coniugi, ma negli ultimi tempi, ben sette milioni di donne hanno subito violenza, nelle sue varie forme.  

La Belardi racconta la storia di cinque donne, che hanno subito abusi, anche in età infantile, confermando i dati statistici, in base ai quali una donna su tre ha subito violenze. Si tratta di donne che hanno superato gli ostacoli, riuscendo, persino, a “spuntarla sulle altre donne che le hanno calunniate facendo loro la guerra”.

L’Autrice incoraggia tutte le donne a non tacere, a denunciare lo stupro, e gli stupratori. Oggi, ci sono tante altre donne pronte, e disponibili, ad aiutarle.

 

Purtroppo, già la “prima storia di Angelina: l’infanzia scampata a un orco”, sin dal titolo, fa rabbrividire ogni lettore, dotato di normale sensibilità. E diffonde un’avvertenza: i pedofili sono persone apparentemente normali, ma sono criminali, che nascondono abilmente il proprio vizio, per potere adescare facilmente le loro vittime.

Il secondo racconto “La storia di Beatrice: l’adolescenza e l’abbandono” è un viaggio a ritroso nei propri ricordi. Beatrice si avviava verso l’adolescenza; un giorno, al rientro a casa dalla scuola, sa che suo padre è ricoverato in ospedale, per il coma provocato nella sua cantina, dal mosto in fermentazione. Arrivata di corsa, in ospedale, il padre le respinse il suo tentativo di abbracciarLo. Questo rifiuto paterno, non volontario per motivi clinici, amareggiò Beatrice, che ricordava lo spirito maschilista del padre, intento a controllare l’evoluzione della figlia, e delegando il figlio maschio a vigilare sulla sorella. Il fratello, a sua volta, svolgeva scrupolosamente questo compito.

Beatrice, da fanciulla, era orgogliosa del suo nome di origine dantesca, ma con il progredire dell’età, cominciò ad avvertire delusioni per il prevalere del “maschilismo”, inteso come atteggiamento di superiorità dell’uomo sulla donna, ad ogni costo. Un suo primo amore, inizialmente corrisposto da entrambe le parti, pur nella sua illibatezza, cominciò ad ondeggiare, via via che Beatrice scopriva il narcisismo, e l’egoismo del suo innamorato, al limite del misoginismo. In realtà, il “fidanzato”, avrebbe voluto sottometterLa, e cominciò a tradirla. Ciò nonostante, Beatrice continuò ad amarLo. Ma successivamente capì il suo errore, la cui origine attribuì alla mancanza d’affetto da parte del padre nella sua età adolescenziale.       

Tra l’altro, l’adolescenza di Beatrice era stata psicologicamente traumatizzata nel notare che un sacerdote, professore di Religione alla Scuola Media, palpeggiava le allieve, tanto da essere licenziato da parte della preside.

Infine, la triste gioventù di Beatrice si conclude come una giovane sposa, “per procura”, ad un emigrante in America, di trent’anni più anziano. Questa era storia comune nel nostro triste Mezzogiorno d’Italia.

Un’altra esperienza di vita è “La storia di Rossana: lo stupro”. A Rossana piaceva fare sesso senza coinvolgimenti affettivi. A quarant’anni aveva capito che l’amore si manifesta soltanto verso i figli e il Signore”. Ma questa conclusione era il risultato di tristi vicende vissute.

Purtroppo, Rossana, non consenziente, fu stuprata da un amico di famiglia. Comunque, riuscì a sposarsi. Ben presto, il marito fu assorbito dal suo lavoro di dirigente di banca, con continui viaggi fuori sede. Rossana non aveva avuto figli, che pur desiderava. Ed era delusa dal comportamento del marito, che, nel frattempo, aveva trovato una nuova fidanzata.

Comunque, altri uomini si innamoravano di Lei, che rimaneva indifferente, e sofferente per i tradimenti del marito. Ma stanca di ciò, cominciò a frequentare la lap dance, danza erotica eseguita da ballerine seminude sulle ginocchia degli avventori; purtroppo, si sentiva in colpa per lo stupro subito, e mai confessato. Era innamorata ancora del marito, che l’aveva lasciata. Lo seguì, e scoprì che si era rifatto una nuova vita.

La storia di Sofia che combatte gli stereotipi e vince l’amore malato” riguarda una giornalista di successo, di nome Maria, diventata per caso Sofia. Le cronache che scriveva, riecheggiavano le sue sofferenze, la violenza tra le mura domestiche, il mobbing malcelato sul posto di lavoro, gli abusi di potere, l’associazionismo inefficace.

In realtà, il sessismo prevale in ogni ambiente, e i nemici sono le stesse donne. Sofia riferisce la storia di Gilda, una sua bella collega, esperta di cronache amministrative. Si era separata dal marito manesco, e trasferita in una nuova località, con i suoi bambini, di cinque e sette anni. Un giorno il suo capufficio tentò di possederla; Lei lo respinse; ma, ad essere accusata, proprio dalle colleghe, fu Lei, non il capufficio, e venne licenziata. Successivamente ricoprì un incarico prestigioso.

Sofia, a sua volta, ebbe un incidente domestico che le deturpò un occhio, ma il suo dramma fu l’abbandono, dopo sette anni di matrimonio, da parte del marito, che confessò di voler vivere nuove esperienze con altre donne. Queste sofferenze spirituali di Sofia si aggravarono quando le fu diagnosticato un carcinoma.  

L’ultimo capitolo di A MUSO DURO è “La storia di Miriam: vivere per sé stessi”. E’ la rivelazione di una violenza incestuosa ai danni di una figlia partita dal Cilento per incontrare, dopo molti anni, il padre, in America. Purtroppo, è una storia che fa rabbrividire!  

Chi ha letto A MUSO DURO si augura che Agnese Belardi scriva ancora altri libri, per poter meditare sulle vicende della vita, che Lei è capace di descrivere abilmente, a seconda dei casi, tra il “Dolce stil nuovo” ed il “Noir”.

Maratea 18 dicembre 2023                                              

 

                    

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