- Da www.talentilucani.it -
MARATEA, LA GROTTA DEL DRAGONE
Il fascino dell’esplorazione: La Grotta del Dragone
La Grotta del Dragone è la maggiore grotta della Basilicata ed una delle più belle. L’ingresso è ad 8 metri sul livello del mare a pochi passi dalla costa di Acquafredda. La sua prima esplorazione risale al 1956, ad opera di Pietro Parenzan che, successivamente, l’ha descritta, per il solo tratto iniziale, nel suo Libro Tenebre Luminose nel 1957.
Parenzan esplorò i primi 800 metri della cavità ed ipotizzò, per primo, il collegamento con l’Inghiottitoio del Patricello, che dista in linea d’aria circa 10 Km. Venti anni dopo le esplorazioni sono state riprese dagli speleologi del Gruppo Geo-Speleo Valle del Noce di Trecchina che hanno esplorato oltre 2000 metri di cunicoli, gallerie sifoni, laghetti e sale. Trattandosi di un “Esautore di troppo pieno” la cavità è esplorabile solo nei mesi in cui non è invasa da acqua. La Grotta del Dragone spesso è inondata perché il condotto sotterraneo, che alimenta la sorgente marina, non riesce a scolmare tutta l’acqua e quindi, alzandosi il livello di falda, invade le gallerie del Dragone che divengono, in questo modo, via d’uscita per l’acqua. Agli speleologi locali si sono spesso aggiunti altri colleghi provenienti dal Piemonte, dalla Liguria, dalla Puglia, ma, a volte, i sifoni interni, invasi dall’acqua, hanno impedito ogni sorta di prosecuzione. La grotta del Dragone è attualmente ben conosciuta nell’ambito speleologico nazionale. La prima parte della grotta è caratterizzata da numerose “Marmitte dei Giganti”, una serie di pozzetti profondi da 1 a 3 metri e con diametri che variano da 2 a 4 metri: morfologie generate dal turbinio dell’acqua nei periodi di maggiore piena. Questa prima parte della cavità non ha molti concrezionamenti. Alla prima strettoia che s’incontra un’imponente coltre stalagmitica sbarra la strada: è il Dragone, così definito dal Parenzan per la somiglianza al mitologico animale.
Superato il Dragone una serie di piccoli laghi caratterizza i cunicoli fino alla seconda strettoia della grotta: si tratta del sifone che per molti mesi all’anno impedisce il passaggio degli speleologi. Dopo questo la morfologia della cavità cambia: le gallerie si fanno più ampie, le sale sono maestose ed una serie interminabile di stalattiti, dalla cristallina bellezza, adornano festosamente l’ambiente con ciò che l’acqua ha costruito nei millenni, goccia dopo goccia. Un torrente sotterraneo scorre in un canyon e le sue acque diffondono nell’ambiente un dolce suono ovattato dal silenzio dell’oscurità facendo melodia con gli squittii acuti dei pipistrelli che, veri padroni della grotta, scorrazzano ad elevate velocità sfiorando le concrezioni stalattitiche. La maestosità della grotta del Dragone affascina ogni volta gli speleologi che la esplorano sempre alla ricerca della galleria giusta per raggiungere l’inghiottitoio di Patricello di Rivello.
Nessun commento:
Posta un commento