sabato 1 gennaio 2022

IL TESTAMENTO SPIRITUALE DI GIORGIO GABER

Il  1  gennaio  2003  moriva  a  64  anni  Giorgio  GABER,  cantautore, commediografo, attore teatrale, regista.



 

                                                         UNA   NUOVA   COSCIENZA

Io come uomo io vedo il mondo

come un deserto di antiche rovine.

Io vedo un uomo che tocca il fondo

ma forse al peggio non c’è mai una fine.

 

Nel frattempo la vita non si arrende

e la gente si dà un gran da fare

tanti impegni tante storie

con l’inutile idea di colmare

la mancanza di una nuova coscienza

di una vera coscienza.

 

E’ come se dovessimo riempire, un vuoto profondo. E allora ci mettiamo dentro rimasugli di cattolicesimo, pezzetti di sociale, brandelli di antichi ideali, un po’ di antirazzismo, e qualche alberello qua e là.

 

La decadenza che viviamo

è un malessere

che ci prende pian piano.

 

E’ una specie di assenza

che prevede una sosta obbligata

è la storia che medita ma si è come assopita.

 

Siamo vivi malgrado la nostra apparenza

come uomini al minimo storico di coscienza.

Come uomini al minimo storico di coscienza.

 

E’ come se la vecchia morale non ci bastasse più. In compenso se ne sta diffondendo una nuova, che consiste nel prendere in considerazione più che altro, i doveri degli altri, verso di noi. Sembrerà strano, ma sta diventando fortemente morale, tutto ciò che ci conviene. Praticamente un affare.

 

 La decadenza che subiamo

è uno scivolo

che va giù piano piano.

 

E’ una nuova esperienza

che ti toglie qualsiasi entusiasmo

e alla lunga modifica il tuo metabolismo.

 

Siam qui fermi

malgrado la grave emergenza

come uomini al minimo storico di coscienza.

Come uomini al minimo storico di coscienza.

 

E pensare che basterebbe pochissimo. Basterebbe spostare a stacco, la nostra angolazione visiva. Guardare le cose come fosse la prima volta. Lasciare fuori campo tutto il conformismo di cui è permeata la nostra esistenza. Dubitare delle risposte già pronte. Dubitare dei nostri pensieri fermi sicuri, inamovibili. Dubitare delle nostre convinzioni, presuntuose e saccenti.

 

Basterebbe smettere una volta per tutte, di sentirsi sempre delle brave persone. Smettere di sentirsi vittime delle madri, dei padri, dei figli, mariti, mogli… quando forse siamo vittime soltanto, della mancanza di potere su noi stessi.

 

Basterebbe smascherare, smascherare tutto. Smascherare l’amore, il riso, il pianto, il cuore, il cervello. Smascherare la nostra falsa coscienza individuale. Subito. Qui e ora.

 

Sì basterebbe pochissimo. Non è poi così difficile. Basterebbe smettere di piagnucolare criticare affermare fare il tifo, e leggere i giornali. Essere certi solo di ciò che noi viviamo direttamente. Rendersi conto che anche l’uomo più mediocre, diventa geniale se guarda il mondo con i suoi occhi.

 

Basterebbe smascherare qualsiasi falsa partecipazione. Rendersi conto che l’unico obiettivo non può essere il miglioramento delle nostre condizioni economiche, perché la vera posta in gioco, è la nostra vita.

 

Basterebbe smettere di sentirsi vittime del denaro, del destino del lavoro, e persino della politica, perché anche i cattivi governi sono la conseguenza della stupidità degli uomini.

 

Basterebbe rifiutare, rifiutare la libertà di calpestare gli altri, ma anche la finta uguaglianza. Smascherare le nostre presunte sicurezze. Smascherare la nostra falsa coscienza sociale. Subito. Qui e ora.

 

Basterebbe pochissimo. Basterebbe capire che un uomo non può essere veramente vitale, se non si sente parte di qualche cosa.

 

Basterebbe smettere di credere di poter salvare il mondo, con l’illusione della cosiddetta solidarietà. Rendersi conto che la crescita del mercato, può anche essere indispensabile alla nostra sopravvivenza, ma che la sua inarrestabile espansione, ci rende sempre più egoisti, e più volgari.

 

Basterebbe abbandonare l’idea di qualsiasi facile soluzione, ma abbandonare anche il nostro appassionato pessimismo e trovare finalmente l’audacia, di frequentare il futuro, con gioia.

 

Perché la spinta utopistica, non è mai accorata o piangente. La spinta utopistica non ha memoria, e non si cura di dolorose attese. La spinta utopistica è, subito. Qui e ora.

 

Io come uomo io vedo il mondo

come un deserto di antiche rovine.

Io vedo un uomo che tocca il fondo

ma forse al peggio non c’è mai una fine.

 

Perché non c’è nessuno che dia un senso

alle cose più semplici e vere

alla vita di ogni giorno

all’urgenza di un uomo migliore.

 

Io vedo un uomo solo e smarrito

come accecato da false paure

ma la vita non muore nelle guerre

nelle acque inquinate del mare

 

E i timori anche giusti

son pretesti per non affrontare

la mancanza di una vera coscienza

che è la sola ragione

della fine di qualsiasi civiltà.


 

 

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