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Il Castello di Castrocucco dopo la frana del 30 novembre 2022 |
- Da "L'Eco di Basilicata Calabria Campania Lagonegrese di venerdì 15 ottobre 2010 -
Raffaele Papaleo
Il Castello di Castrocucco
Gli archeologi fanno risalire la costruzione del Castello intorno all’anno 1100, quindi al periodo medioevale. Tuttavia, non si escludono precedenti insediamenti collegabili alla città di Blanda (primi secoli del primo millennio) della quale il Castello poteva essere una fortificazione da utilizzare a scopo difensivo in caso di necessità.
La stessa origine di Maratea e di altri nuclei abitati della Valle del Noce viene messa in relazione alla distruzione di Blanda ed alla conseguente dispersione dei suoi abitanti che cercarono, nell’immediato entroterra, nuove aree più sicure e dalle quali poteva meglio essere organizzata la difesa in caso di invasioni.
L’accesso al borgo medioevale ed al Castello è possibile da due versanti: si può iniziare la salita partendo dalla strada costiera SS 18, passando attraverso una macchia arbustiva in alcuni tratti folta; oppure si può giungere al sito dall’accesso orientale costituito da una lingua di roccia: percorso meno agevole ma più spettacolare.
Nel secondo caso, quello preferito, si procede in auto fino a giungere ad un cancello e per proseguire occorre chiedere le opportune autorizzazioni. Più in alto, a circa 250 metri sul livello del mare, nei pressi dei tralicci Enel, una recinzione in filo spinato separa l’area dei tralicci dal percorso che porta al Castello. Un sentiero abbastanza difficoltoso e malagevole scende lungo la cresta rocciosa; da qui si gode del panorama che spazia dalla piana di Castrocucco fino all’Isola di Dino ed alla punta di San Nicola Arcella.
Volgendo lo sguardo in basso, verso Capo La Secca, si vede il Palazzo dei Baroni Labanchi, ultimi feudatari di questa area dal 1674, quando già il borgo medioevale risulta abbandonato da sei anni. Più a destra, si vede il promontorio di Punta Caina con l’omonima torre di avvistamento posta a 103 metri sul livello del mare. Se il cielo è terso si vede il vulcano Stromboli che appare di perfetta forma triangolare sulla linea dell’orizzonte; difficile da individuare finché non lo si veda almeno una volta.
Procedendo lungo il sentiero lo sguardo è continuamente calamitato dal paesaggio: si vede Aieta, il dedalo dei monti retrostanti e, più vicina, un’ampia zona del territorio di Tortora. Da questa altezza si vede bene il sito indicato dagli archeologi quale sede della cittadina scomparsa di Blanda.
E ancora, si vedono: la zona detta del Palecastro di Tortora; l’alveo e la foce del fiume Noce e la piana di Castrocucco con l’area dove sono state rinvenute sepolture di epoche diverse. Tutti siti ben visibili anche dal Castello di Castrocucco che pertanto si rivela costruito in una postazione strategica ben scelta dalla quale si domina il territorio circostante.
Da questa postazione era possibile un controllo militare nei confronti di una probabile area di approdo, quella dell’insenatura di Castrocucco, e di una possibile via di penetrazione nell’entroterra lucano attraverso la vallata del fiume “Grande” ovvero del fiume Noce, chiamato Talao nelle opere di alcuni geografi dell’antichità.
Così lo chiamava Strabone, geografo greco vissuto nel I sec. a.C. e autore di una importante opera di geografia in 17 libri. La funzione di controllo avuta dalla fortificazione deve essere stata, almeno in una prima fase, la motivazione principale che portò ad investire notevoli energie per costruire il Castello a 225 metri di altezza e in un luogo privo di sorgenti naturali di acqua. La vegetazione folta e il terreno accidentato rendono questa parte del percorso la più difficile; del resto il sito del Castello era stato scelto anche pensando ad una difendibilità ottimale.
Infatti, soltanto una lingua di roccia lo collega al territorio sul lato orientale. I fianchi sud, ovest e nord del Castello cadono a picco verso il fondo della valle e, da questi versanti, il Castello doveva essere praticamente inespugnabile.
Il sentiero obbliga a passare sotto la torre, alta circa otto metri, che risulta ottimamente posizionata per la difesa del borgo poiché controlla l’unica via di accesso possibile per giungere al Castello. Quando si sopraggiunge nelle prime ampie zone del borgo c’è solo l’imbarazzo della scelta del percorso da fare per visitare il Castello internamente.
Ci si trova davanti un labirinto di stanze e di sentieri che collegano i diversi vani. Diverse stanze hanno finestre o porte nelle quali il paesaggio, marino o terrestre, è incorniciato e sempre spettacolare; tuttavia è proprio qui che la visita necessita della massima prudenza poiché le mura diroccate e le aperture si affacciano sulla roccia a strapiombo. Altro elemento di pericolo è rappresentato dalle pietre in bilico o dalle mura fatiscenti alle quali non bisogna mai poggiarsi.
La visita al Castello di Castrocucco è certamente da sconsigliare senza guide esperte. Nel Castello ci sono due cisterne sotterranee in muratura che comunicano con l’esterno per mezzo di fori ogivali, posti orizzontalmente sul terreno di circa un metro di diametro. Le cisterne sottostanti ai fori venivano utilizzate per la raccolta dell’acqua piovana convogliata per mezzo di canalizzazioni artificiali. La prima cisterna si incontra quasi subito e risulta abbastanza bassa. La discesa in essa rivela una parte crollata per cui è difficile indicarne la grandezza. Alla seconda cisterna si giunge attraverso un percorso particolare e non proprio evidente. Il crollo di un settore della cisterna fa da scala e ne consente un accesso relativamente facile.
Raffaele Papaleo
L’Eco di Basilicata Calabria Campania Lagonegrese Venerdì 15 Ottobre 2010
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