Sullo spopolamento del Sud ieri ed oggi
Valerio Mignone* Pubblicato su Il Quotidiano del Sud il 18 luglio 2023
Lo spopolamento, che colpisce particolarmente il Mezzogiorno d’Italia, è un fenomeno sociale su cui abbondano inchieste giornalistiche, saggi, note di cronaca.
Il calo del numero di abitanti, in particolare di giovani, preoccupa per ciò che avviene oggi, ma, soprattutto, per il futuro. I giovani del Sud che emigrano verso il Nord d’Italia, o all’estero, non sono - come in un passato recente - manovali, semplici operai e contadini. Essi sono evoluti sul piano delle conoscenze; hanno conseguito un titolo di studio, di cui, purtroppo, non c’è bisogno nei propri luoghi di nascita, o di residenza. Il loro trasferimento, di necessità, comporta, tra l’altro, anche l’abbandono, e la solitudine, dei propri genitori, costretti a rifugiarsi nelle Case di Riposo, le cui rette sono onerose.
Quanto alle donne, fino agli anni 40 del Novecento, da ragazze, andavano “a padrone”! Nate in famiglie povere, i genitori le affidavano, già in età infantile, a famiglie con un reddito sicuro, in cambio di un lavoro domestico prematuro, continuo, e non retribuito.
Queste donne andavano in servizio anche presso sacerdoti, ed erano note come “Monache di casa”; prestavano la loro opera “Tuttofare”, giorno e notte, a mò di “Perpetua”, la “serva di don Abbondio…” di manzoniana memoria.
Fortunatamente, l’inversione di questa tendenza sociale è avvenuta negli anni ’50, quando le ragazze hanno cominciato a frequentare le Scuole superiori, e particolarmente gli Istituti magistrali, conseguendo il diploma di “maestre”, e, con ciò, la prospettiva di un posto di lavoro sicuro, con relativo stipendio.
I tempi cominciarono a cambiare, e cambiavano stili di vita ed esigenze. Nei nostri paesi si iniziava a non allevare più maiali, e non si confezionavano salami e lardo, ridondanti di grasso animale, nocivo alla salute.
Scomparivano alcuni mestieri come il “sanapurceddu”, il castratore di maiali, l’ombrellaio, il “piattaro”, l’arrotino, o affilatore di coltelli, all’epoca metallici, oggi di plastica monouso, “usa e getta”. Questi artigiani ambulanti, ad alta voce, annunciavano la loro presenza per vie e vicoli dei paesi, con la speranza, spesso vana, di racimolare qualche lira.
Oggi, tutto è cambiato! E in meglio! Napoli, da sempre Città metropolitana, dalle falde del Vesuvio lungo il proprio, vasto Golfo, era, con Parigi e Londra, città frequentata da scrittori ed artisti stranieri, e lo è ancora oggi.
I succitati giovani del Sud Italia emigrano con un loro rispettabile curriculum formativo; affrontano difficoltà esistenziali con la ben nota saggezza “terrona”; e gli stessi datori di lavoro, al Nord Italia, o in tutta Europa, accolgono a braccia aperte i nostri conterranei.
Quanto a Noi “Meridionali” rimasti al Sud, dobbiamo consolidare la buona fama dei nostri emigranti, perseguendo le vie del progresso in ogni settore. D’altronde, è ben noto il nostro orgoglio, associato a capacità di sacrificio, e parsimonia; e, speriamo nell’emigrazione di ritorno.
Oggi, quasi in ogni famiglia del Sud Italia, pur a basso reddito, è presente un’automobile, il cui costo - tra acquisto, assicurazione, manutenzione, carburante - si aggira sulla cifra di un salario. Nella maggior parte dei casi, la disponibilità dell’automobile è una necessità. In passato, al tempo della cosiddetta “Civiltà contadina”, l’asino era il mezzo di locomozione, e di trasporto, nei cofani laterali, di merce povera: legna, paglia, frutta e verdura. E nei cofani si trasportavano, persino, bambini e persone anziane.
Se è vero che al Nord Italia “Non è tutto oro ciò che luccica”, è altrettanto vero che al Sud si deve porre maggiore attenzione al decoro urbano delle località turistiche, sollecitando le relative competenze amministrative. Per tutelare la incolumità dei viandanti, vanno risanati marciapiedi e strade con buche, ripuliti bordi viari invasi da sterpaglie, ridipinti “corrimani” di ringhiere arrugginite. Con ciò si crea lavoro, e si limita il numero dei percettori del “Reddito di Cittadinanza”.
La Basilicata tutta - dal Tirreno di Maratea allo Jonio del Metapontino, ai Sassi di Matera - è un museo a cielo aperto per Beni Ambientali, Artistici e Storici. In un passato recente, nella stagione estiva, si proponevano spettacoli memorabili in accoglienti “Parchi” e Giardini.
Oggi, sarebbe opportuno “calendarizzare”, in ogni località, il programma degli eventi, e darne una tempestiva informazione a turisti e residenti. Pur riconoscendo allo Smartphone la funzione di una enciclopedia tascabile, e di Albo pretorio potenziale, potrà essere utile qualche locandina cartacea, affissa sui muri, e nelle poche edicole e librerie ancora esistenti.
*già Primario Medico e Parlamentare
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